“Anno 2070 a Hollywood si ricorda ciò che rappresentava la Notte degli Oscar, serata in cui si celebrava il meglio dell’industria cinematografica mondiale. Sono passati 141 anni dall’assegnazione della prima statuetta dell’Academy Award of Merit, conosciuta in tutto il mondo come Premio Oscar”.
Questo potrebbe essere il perfetto incipit di un articolo commemorativo scritto dall’intelligenza artificiale riguardo il 141esimo anniversario della nascita del premio più ambito da attori, registi, produttori, tecnici e sceneggiatori di tutto il pianeta. Tuttavia come la cerimonia delle “statuette” nacque in un’America, sconvolta dalla Grande Depressione e quindi lontana da abiti fastosi, red carpet e folle di fan impazzite, con il tempo è diventata l’evento più importante e glamour dell’anno nel mondo del cinema e non solo. Allo stesso modo anche l’intelligenza artificiale ha subìto un’iniziale idealizzazione, molto più emotiva che razionale, che con il tempo si è evoluta in qualcosa di diverso.
La storia tra il cinema e l’intelligenza artificiale inizia negli inizi ‘20 del secolo scorso. La scintilla è scattata nel momento esatto in cui le pellicole hanno iniziato a immaginare l’intelligenza artificiale. Il primo contatto risale al 1927 quando in “Metropolis”, un film muto e ambientato nel 2026, veniva messa in atto la prima rappresentazione cinematografica dell’intelligenza artificiale. Quel che poteva sembrare un‘idea di futuro estrema e che esisteva solo grazie al mondo della fantascienza, oggi è più che mai realtà. L’AI cresce, impara, ci aiuta e può aiutarci in tante mansioni ma soprattutto, almeno per il momento, rimane una nostra alleata.
L’estrema ed iniziale umanizzazione dell’intelligenza artificiale creata e alimentata da pellicole come Blade Runner, 2001: Odissea nello Spazio, Io Robot, solo per citarne alcuni, trasmettono una chiara idea di quello che è stato per decenni, l’idea costruita intorno all’ AI. L’ immaginario collettivo è stato per anni abituato ad intenderla come un cumulo di cavi che prende vita, molto spesso assumendo le sembianze di un robot. Oggi, per quello stesso settore cinematografico, invece, rappresenta un grande alleato sia in termini tecnici che in chiave economica. Non si può più vincolare il cervellone tecnologico al ruolo di villain desideroso solo di distruggere la razza umana. Si deve abbandonare l’idea di un “A.I. takeover”.
Neanche la velocità dell’immaginazione della fantascienza avrebbe mai pensato di dover fare i conti così in fretta con un’intelligenza artificiale tanto fulminea, utile e indispensabile. Algoritmi in grado di creare macchine di calcolo pensate per comprendere l’ambiente in cui si trovano, capaci di mettersi in relazione con quello che percepiscono e in grado di risolvere problemi in funzione di un obiettivo specifico. L’intelligenza artificiale, che viene studiata da oltre 20 anni, è ormai pronta a prendersi il mercato globale, essendo già operativa in molti settori industriali, compreso quello del cinema.
Un esempio emblematico di quanto l’AI potrebbe impattare nel cinema è rappresentato dal software ScriptBook che consente di raccogliere, elaborare e analizzare grandi quantità di dati testuali, con l’obiettivo di creare modelli narrativi efficaci. Le elaborazioni consequenziali possono far comprendere i problemi delle sceneggiature, mettendo in evidenza le cose che funzionano di più o di meno. Verificare la coerenza narrativa, pronosticare il successo di un film o di una sceneggiatura sulla base degli elementi che la compongono come cast, regia, ecc. Nadira Azermai ideatrice e creatrice di ScriptBook insieme al team di sviluppo ha fornito al software un enorme data set di sceneggiature uscite in sala tra il 1970 e il 2016. L’algoritmo riesce così a capire la fattura delle sceneggiature attraverso 220 parametri che gli permettono di comprendere ciò che ha funzionato meglio o peggio, una macchina di calcolo che ambisce a teorizzare i segreti della narrazione. Non a caso, il payoff presente nel sito web di ScriptBook è proprio “Democratizing storytelling through the art of AI”. Poter comprendere il successo di un film già prima della sua uscita potrebbe rappresentare la prossima corsa all’oro per gli Studios che non vedono l’ora di riuscire a capire, con largo anticipo, su che tipologia di prodotto investire i propri soldi. Decifrare fin dal primo momento il target, anticipare la strategia di marketing da adoperare e quali canali prediligere. Questi potrebbero essere solo alcuni dei vantaggi dell’analisi predittiva che potrebbe generare l’AI.
Un altro esempio in quest’ottica è la startup francese Datakalab che utilizza il deep learning per analizzare le reazioni degli spettatori durante le proiezioni test per afferrare fino in fondo la noia, la felicità, la sorpresa, emozioni misurabili frame by frame. Xavier Fischer, CEO della startup francese ha spiegato: che “hanno sviluppato un’analisi di immagine che permette all’algoritmo di identificare 100 punti caratteristici del volto umano per rilevare il naso, gli occhi e la bocca. (…) più immagini diverse analizza, più l’algoritmo riuscirà a rilevare il dettaglio e la precisione degli stati d’animo. Risultato di un’analisi delle espressioni facciali che avvengono intorno ai punti focali tracciati”.
Il cinema è pronto ad usufruire di strumenti creativi e di analisi in grado di produrre sceneggiature costruite su schemi narrativi funzionali e, allo stesso tempo, comprenderne l’efficacia attraverso lo studio delle reazioni del pubblico. L’AI è letteralmente pronta a dare spettacolo.
La volontà di trovare strumenti predittivi è solo uno delle direzioni intraprese dall’AI, un aspetto delle potenziali evoluzioni che la tecnologia può applicare ai vari livelli dell’industria cinematografica. In quest’ottica un grande passo in avanti è stato fatto quando la tecnologia ha stravolto il mondo del doppiaggio. Flawless, tra cui fondatori vi è anche il regista Scott Mann, si basa su una tecnologia simile al deepfake ed è capace di alterare una specifica porzione del fotogramma. Potrebbe rivoluzionare il mondo del doppiaggio senza depotenziare la performance degli attori. L’intelligenza artificiale infatti è in grado di catturare un movimento delle labbra e combinarlo con le frequenze del suono corrispondenti prelevandolo, se necessario, da un’altra parte della pellicola.
Flawess AI sta lavorando con produttori e studi per inserire questa tecnologia come strumento indispensabile nella fase di post-produzione. Il punto di vista di Flawless è che i doppiaggi deepfake offrono un ottimo rapporto costo-benefici: sono economici e veloci da creare, rispetto magari al costo e i tempi necessari per un remake di una determinata scena. La realtà vede un AI capace di semplificare la vita, soprattutto nella sfera lavorativa, e al contempo, in grado di poter teorizzare il modello narrativo più efficace e verificarne l’impatto sul pubblico. L’obiettivo del cinema sarà nei prossimi anni la ricerca della pellicola perfetta, trovare l’equazione giusta per vincere la statuetta perfetta.