Immagine creata su DALL-E a partire del seguente testo: “Woman taking selfie on a cliff by Claude Monet”.
Monet non ha mai dipinto una giovane donna che si scatta un selfie su una scogliera, ma grazie all’intelligenza artificiale potete farlo voi al posto suo, riproducendo minuziosamente lo stile pittorico di uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo. Lo sforzo richiesto è minimo: basta affidarsi a uno dei sistemi di intelligenza artificiale text-to-image come DALL-E o Midjourney, fornire una descrizione dell’immagine o dell’opera che intendete realizzare, e al resto ci penserà la piattaforma, che genererà l’immagine in una manciata di secondi.
Ho passato diverse settimane, nei mesi scorsi, a testare le potenzialità di queste piattaforme, e devo francamente ammettere che i risultati sono sorprendenti, soprattutto se si tiene conto che questa tecnologia è ancora agli albori. Ma invece di soffermarmi sulla qualità delle immagini realizzate a partire da semplici descrizioni, preferisco approfittare di questo spazio per approfondire altri aspetti che apparentemente possono sembrare secondari, ma che in realtà sono di assoluto rilievo soprattutto se riferiti al mondo della comunicazione, dell’advertising e del marketing.
Detto ciò, partiamo dalle fondamenta.
Per generare immagini, le intelligenze artificiali vengono allenate. Allenate in che senso? Mettiamola così: vengono ‘nutrite’ con milioni, se non miliardi di immagini raccattate sul web, e così facendo imparano a loro volta a generare immagini in modo autonomo. Fin qui tutto ok, ma a pensarci bene, le immagini utilizzate per allenare le AI sono state create da esseri umani in carne e ossa: artisti, illustratori, fotografi, 3D artists eccetera. Avete capito dove voglio arrivare? Non vi sorge il dubbio che le immagini date in pasto all’AI siano coperte da copyright? Che siano il frutto di creatività umana e individuale? Che le immagini generate non siano altro che il frutto di opere realizzate da altri, a cui non è stato chiesto alcun permesso di utilizzo?
Se avete un occhio un minimo allenato, nei risultati forniti dalle AI potrete riconoscere gli stili dei creatori finiti nella pancia dell’AI, che poi le rigurgita in base ai nostri input testuali.
Dal mio punto di vista – e da quello di tantissimi altri osservatori, intendiamoci – si tratta di una questione di copyright di assoluta rilevanza. A titolo d’esempio, ecco cosa scrive il giornalista Ken Rose sul New York Times:
«Ciò che rende questa nuova generazione di intelligenza artificiale diversa da altri strumenti non è solo che è in grado di produrre bellissime opere d’arte con il minimo sforzo. È il modo stesso in cui funziona. App come DALL-E 2 e Midjourney vengono create estraendo milioni di immagini dal web e insegnando agli algoritmi a riconoscere schemi e relazioni in quelle immagini per generarne di nuove con lo stesso stile. Ciò significa che gli artisti che caricano le loro opere su Internet potrebbero involontariamente aiutare a formare i loro rivali artificiali.»
Immagine creata su Midjourney a partire dal seguente testo: “A new version of Saint Mark’s Basilica by Zaha Hadid and Frank Gehry on Mars surface, photorealistic, 3d render, 8k, high details”.
Capirete bene che piattaforme del genere rappresentano una minaccia concreta per tutte quelle professioni in ambito creativo che creano opere, illustrazioni e immagini in modo ‘naturale’ e non artificiale. Leggete cosa ne pensa Valentina Tanni, storica dell’arte che si occupa del rapporto tra arte e tecnologia:
«L’esistenza di strumenti in grado di produrre immagini di buona qualità, ogni volta diverse e nello stile grafico che si preferisce, è senz’altro qualcosa che impatta sul mercato nel contesto delle industrie creative e mette in pericolo molte figure professionali all’interno della filiera: più che gli artisti che lavorano nel settore delle belle arti, pensiamo alle comunità di illustratori, concept artist, fumettisti e così via».
Questi aspetti hanno portato ovviamente a delle conseguenze: così come le piattaforme text-to-image hanno avuto un immediato successo planetario, altrettanto rapidamente sono nati contro-movimenti ‘anti-intelligenza artificiale’, tra i quali uno dei più famosi è spawning.ai: un sito creato da un collettivo di artisti e illustratori dove i singoli digital artist possono controllare se il proprio lavoro è stato utilizzato – senza il loro permesso – per ‘allenare’ le AI dei siti web sopracitati.
Bene: dopo aver affrontato – in modo estremamente sintetico, lo ammetto – il problema della generazione delle immagini e delle sue conseguenze in termini di copyright e di impatto sulle professioni creative, passiamo alla seconda domanda, ancora più inerente all’attività di un’agenzia di pubblicità/marketing/comunicazione.
Immagine creata su Midjourney a partire dal seguente testo: “Imaginary and fantastic animal, half jellyfish and half plastic bag, photorealistic, 3d render, high details, 8k”.
Prendiamo un caso pratico: voglio generare un’immagine tramite text-to-image e utilizzarla per un sito internet. Posso farlo?
La risposta è semplice: si può utilizzare (e anche vendere!) l’arte generata dall’intelligenza artificiale, ma bisogna stare attenti ai “termini di utilizzo” di ogni applicativo e rimanere costantemente aggiornati sui diversi aggiornamenti. Dopotutto, non tutti i software di arte consentono l’uso e la ridistribuzione delle opere per scopi commerciali. Qui di seguito qualche esempio:
Per concludere, vi riporto una news di pochi giorni fa: il gigante delle immagini stock Shutterstock ha annunciato una partnership estesa con OpenAI , che vedrà il modello text-to-image del laboratorio di intelligenza artificiale DALL-E 2 direttamente integrato in Shutterstock “nei prossimi mesi”. Ma non solo: Shutterstock sta lanciando un “Fondo per i collaboratori” che rimborserà i creatori quando l’azienda venderà lavori per addestrare modelli di intelligenza artificiale da testo a immagine.
In un comunicato stampa, Paul Hennessy, CEO di Shutterstock, ha dichiarato: “I mezzi per esprimere la creatività sono in continua evoluzione ed espansione. Riconosciamo che è nostra grande responsabilità abbracciare questa evoluzione e garantire che la tecnologia generativa che guida l’innovazione sia fondata su pratiche etiche”.
È una mossa senza dubbio significativa – la prima, grande iniziativa di un titolare di piattaforma per rimborsare i creatori – ma sottolinea ancora di più le complesse questioni legali ed etiche che circondano questa nuova tecnologia.
Che quello di Shutterstock sia un primo passo verso un approccio più umanamente responsabile all’utilizzo dell’intelligenza artificiale? Lo scopriremo solo vivendo (nel Metaverso?).
N.B. Tutte le immagini dell’articolo sono state generate dal sottoscritto su DALL-E e/o Midjourney.