Storytelling
(story-telling), s. m. inv. Affabulazione, arte di scrivere o raccontare storie catturando l’attenzione e l’interesse del pubblico.
«Be afraid».
(Kendrick Lamar – United in Grief)
L’origine di quel che oggi siamo abituati a chiamare storytelling si perde nella notte dei tempi, quando i nostri antenati si radunavano attorno al fuoco per tramandarsi storie e leggende. Com’è facile intuire, l’applicazione di un simile approccio alla pubblicità, al marketing e alla politica è invece ben più recente: trasformare la storia della propria azienda o del proprio brand come se fosse un racconto (e, in fondo, ogni cosa lo è) è, negli ultimi, diventato un vero e proprio trend.
Nella musica il concetto di storytelling si intreccia a quello del concept album, ovvero un disco in cui tutte le canzoni raccontano un’unica storia. Gli esempi, sia nella musica internazionale che in quella italiana, sono innumerevoli: da The Wall dei Pink Floyd a La buona novella di Fabrizio de André, lo strumento del concept è stato utilizzato nei contesti più disparati, traendo ispirazione di volta in volta da romanzi, storie realmente avvenute o opere di fantasia.
Nel suo ultimo, acclamatissimo album, il rapper americano Kendrick Lamar fa proprio questo. Scrive un racconto che a partire dalla sua storia personale arriva alla storia della sua comunità e del suo paese. Una storia che, in un labirinto di rime e basi trap e jazz, inizia da quando è un bambino:
Only child, me for seven years, everything for Christmas
Family ties, they accused my cousin, “Did he touch you Kendrick?”
Never lied, but no one believed me when I said, “He didn’t”Ero solo un bambino di sette anni, avevo tutto per Natale
tra i legami di famiglia hanno accusato mio cugino: “Ti ha toccato Kendrick?”
Non ho mai mentito, ma nessuno mi ha creduto quando ho risposto “Non l’ha fatto”(da Mother | Sober)
Kendrick è un bambino e non riesce a spiegarsi il motivo per cui non dovrebbero chiedergli. Non capisce il perché di quelle domande. E sono momenti che restano impressi nella sua memoria per anni, fino a quando, ormai adulto, ne chiede conto alla madre:
I asked my mama why she didn’t believe me when I told her “No”
I never knew she was violated in Chicago
I’m sympathetic, told me that she feared it happened to me
For my protection, though it never happened, she wouldn’t agree
Now I’m affected, twenty years later, trauma has resurfaced
Ho chiesto a mia madre perché non mi ha creduto quando le ho detto “No”
Non sapevo che fosse stata violentata a Chicago
Sono simpatetico, mi ha detto che temeva potesse succedere anche a me
Voleva proteggermi, anche se non sarebbe mai potuto succedere – ma non era d’accordo.
Ora ne sono colpito, vent’anni dopo il trauma è riemerso(da Mother | Sober)
Gli anni passano, il piccolo Kendrick cresce, e in una Compton dilaniata dalle lotta tra gang – un quartiere in cui è fin troppo facile perdere un amico con una siringa nel braccio o una pallottola nella schiena – si appassiona, come tanti ragazzi afroamericani, di musica rap.
Non deve essere stato facile, crescere in un quartiere del genere. Le difficoltà ti induriscono, ti fanno la pelle dura. Ma spesso è una forza simulata, di facciata, che mal si concilia con le cure richieste da un figlio adolescente.
Daddy issues, hid my emotions, never expressed myself
Man should never show feelings, being sensitive never helped
His mama died, I asked him why he goin’ back to work so soon?
His first reply was, “Son, that’s life, and bills got no silver spoon”
Daddy issues, f*ck everybody, go get your money, sonProblemi con mio padre – nascondevo le mie emozioni e non esprimevo mai ciò che provavo
Gli uomini non dovrebbero mai mostrare sentimenti, essere sensibile non ha mai aiutato
Sua madre era morta, e quando gli chiesi perché tornasse a lavoro così presto
mi rispose, “Figlio, questa è la vita, e ci sono le bollette da pagare”
Problemi con mio padre – “Vadano tutti a farsi fottere, vai a guadagnarti qualcosa, figliolo”(da Father Time)
Una durezza che finisce inevitabilmente col trasformarsi in mascolinità tossica.
My niggas ain’t got no daddy, grow up overcompensatin’
Learn shit ‘bout bein’ a man and disguise it as bein’ gangstaI miei niggas che non hanno avuto un padre sono cresciuti sovracompensando,
Imparando un sacco di cazzate sull’essere uomini, e l’hanno confuso con l’essere un gangster(da Father Time)
Ma il ragazzo ha talento, e si vede. Lo vedono in tanti, e lo vede anche un certo Dr. Dre, che inizia a produrne i dischi. Con Dr. Dre arrivano le grandi opportunità, e Kendrick non se le lascia sfuggire. Good Kid, M.A.A.D. City, To Pimp a Butterfly, DAMN. Milioni di streams (ormai i dischi non si contano più, giusto?), tour mondiali, e piogge di premi – tra cui un clamoroso Pulitzer per la musica.
Un successo immenso, che per il rapper statunitense sa di rivalsa, ma che come spesso accade si traduce in problemi di dipendenza – nel suo caso una dipendenza sessuale che lo ha portato a tradire ripetutamente la moglie, e che si intreccia, ancora una volta, con la storia della sua famiglia, che torna indietro nella storia della sua comunità.
The first time I fucked a white bitch
I was sixteen at the Palisades
[…]
Happy just to be out the hood
With all the wealthy kids
Credit cards and family plans
She drove her daddy’s Benz
I found out that he was a sheriff
That was a win-winLa prima volta che mi sono fatto una stronzetta bianca
Avevo sedici anni alle Palisades
[…]
Ero semplicemente felice di essere fuori dal degrado
Con tutti i ragazzini ricchi
Carte di credito e piani familiari
Guidava la Benz di suo padre
E ho scoperto che era uno sceriffo
È stata una doppia vittoria(da Worldwide Steppers)
Una visione della donna e delle differenze razziali che porta molti rapper a scrivere testi misogini, e di cui Kendrick riflette in numerosi brani del disco, come nella lite domestica messa in scena con l’attrice Taylor Paige in We Cry Together o, ancora una volta, in Mother | Sober.
I know the secrets, every other rapper sexually abused
I see ‘em daily buryin’ they pain in chains and tattoos
So listen close before you start to pass judgement on how he move
Learn how he cope, whenever his uncle had to walk him from school
His anger grows deep in misogyny
This is post-traumatic Black familiesConosco i loro segreti, ogni altro rapper abusato sessualmente
Sotterra ogni giorno il proprio dolore in catene e tatuaggi
Quindi ascolta con attenzione prima di giudicare quello che facciamo
Impara come affrontiamo il dolore, e se suo zio ha dovuto lasciare la scuola
La sua rabbia si trasforma in misoginia
Queste sono famiglie nere post-traumatiche(da Mother | Sober)
E, dopo questo incredibile giro, si torna all’inizio, a Mr. Morale, uscito 1855 giorno dopo il precedente DAMN. Nella title-track Lamar si rivolge in prima persona al figlio Enoch:
You should know that I’m slightly off, fightin’ off demons that been outside
Better known as myself, I’m a demigodOrmai dovresti sapere che sono un po’ fuori di testa, che combatto i demoni che ci sono là fuori
Meglio noti come me stesso – sono un semidio(Da Mr. Morale)
E di cose ne sono successe, in questi cinque anni: l’omicidio di George Floyd, le proteste di Black Lives Matter, la Pandemia. E proprio il rapper di Compton è stato spesso criticato per i suoi silenzi, per non essersi esposto. Chissà, forse stava solo aspettando il momento giusto – o le parole giuste – con cui raccontare questa storia.
I’ve been goin’ through somethin’
1855 days
I’ve been goin’ through somethin’
Be afraid.